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19 marzo 2014

Fund raising: l'esperto consiglia.

Il sociale non fa vendere formaggini.

Le imprese responsabili distinguono tra etica e marketing. E donano. A patto che...

 

Affrancarsi dalla dipendenza dalla pubblica amministrazione e crescere in autonomia economica e finanziaria. Sono molte le imprese sociali che ci stanno provando, investendo risorse nel fund raising. Ma in base a quali criteri i professionisti della raccolta fondi selezionano le imprese? E come evitare partnership con imprese socialmente poco responsabili? I consigli di un fund raiser di lungo corso.

 

Da fund raiser "on field" piuttosto che da accademico della raccolta fondi (più o meno la medesima differenza tra il calcio giocato e quello parlato), darò suggerimenti che dovranno essere adattati a seconda delle peculiarità della charity: notorietà, dimensioni, causa sociale, tutte variabili che fanno molta differenza. Da questo punto di vista, ogni realtà dovrà disporre di un fund raising ritagliato su misura. Selezionare il target Quasi tutte le aziende sono «socially committed», ovvero impegnate nel sostenere attività sociali, ma poche sono quelle «socially responsible», ovvero attente a valutare l'impatto sociale dei meccanismi produttivi del proprio valore. Quindi, considerata anzitutto l?affinità della causa sociale con l'equity aziendale, è importante individuare in via preventiva, anche se non nel dettaglio, i benefici che possono scaturire per lìimpresa dalla partnership con la charity. Tali benefici dovrebbero determinare significative ricadute sulle funzioni aziendali: area personale (motivazione e senso di appartenenza), marketing (cause related marketing), area corporate (reputazione complessiva), area relazionale (occasioni di networking per il top management), area fiscale (per una azienda è fiscalmente più conveniente attivare iniziative di pubblicità/rappresentanza, che non erogazioni liberali?), analisi dei meccanismi decisionali e di governance dell'azienda. In linea di massima è preferibile individuare aziende di dimensioni medio/grandi (100 milioni di fatturato - 200 dipendenti) che dispongono di un certo budget. È importante stabilire il contatto con gli effettivi decision makers, prestando la massima attenzione nel coinvolgere i livelli direzionali che gestiscono la csr, evitando di indurre una percezione di "scavalcamento". Nella scelta dell'interlocutore aziendale suggerisco di riferire al livello di chi ha una visione complessiva dell'azienda (direttore generale, amministratore delegato o presidente) piuttosto che limitarsi al marketing, in quanto è mia convinzione che sia limitativo se non addirittura errato concepire il sociale quale leva di marketing: l?abbinamento con il sociale «non aiuta a vendere formaggini». Collaborare con l'azienda Estremamente importante è la consapevolezza della consistenza del capitale relazionale della charity. Questo è uno strumento essenziale soprattutto nella fase di start up del rapporto, allorquando la tempestività, la determinazione e la capacità di ascolto sono ingredienti fondamentali per un fund raising di successo anche nell'ambito del segmento aziendale: personalmente preferisco evitare di presentare progetti «chiavi in mano», piuttosto tento di coinvolgere l'interlocutore aziendale in modo che lo stesso possa fornire input utili alla definizione della partnership: per quanto abili si possa essere, nessuno conosce l'azienda meglio di chi ci lavora.

 

(da Vita.it)

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